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sabato 11 giugno 2022

Savonese 2022: il buono, il brutto, il cattivo

Dopo molto tempo che non ci capitava, a questo giro in Liguria siamo incappati in alcune esperienze che ci hanno lasciati un po'... perplessi.

Metà aprile, sabato sera, Borghetto Santo Spirito, verso le 19: tutte le pizzerie già stracolme, gente che fa la fila fuori. Incappiamo nel Gente di mare, baretto/ristorantino sulla spiaggia, posizione apparentemente eccellente. Entriamo, nessuno ci degna di uno sguardo. Il locale è vuoto. Ci dicono che "bisogna aspettare". Dopo qualche minuto, una cameriera compie il grave errore di accompagnarci a un tavolo. Nessuno si sogna di chiederci se, così, per caso, essendo le 19 in un ristorante, volessimo qualcosa da bere o da mangiare. Il tempo scorre. Nel frattempo, vediamo quella che sembra essere la proprietaria (un grugno che farebbe scappare anche il cliente più affamato) rimproverare la cameriera che ci aveva fatto sedere. Ci alziamo e ce ne andiamo. Poi i liguri si offendono se gli dici che hanno una pessima reputazione.

Reduci dalla delirante esperienza, ripariamo al ristorante pizzeria Il grillo parlante a poca distanza, situato non felicemente sotto un mostruoso condominio. I tavoli sulla passeggiata sono generosamente definiti "dehor panoramico sul mare", ma almeno il servizio è stato rapido ed educato e la pizza era decente.

Altra esperienza stramba l'abbiamo vissuta da Sensu, a Finalborgo, dove eravamo già stati con soddisfazione. Questa volta (fine maggio), il servizio approssimativo ci ha fatto persino sospettare che il locale avesse cambiato gestione, soprattutto rispetto alla cordialità della visita precedente. La coppia a fianco a noi ha abbandonato il locale celermente dopo aver ricevuto un cocktail per il quale avevano dovuto contrattare a lungo. Noi abbiamo atteso a lungo le nostre birre -voglio dire, due birre, non un sex on the beach- e ce le siamo scolate quasi per intero nell'attesa del misero taglierino fornitoci infine a corredo. Boh. A rendere ancora più strana la visita, la saletta d'ingresso dove c'è la cassa era completamente occupata da un signore seduto a un tavolo che si mangiava una pizza d'asporto direttamente dal cartone e dava del tu a tutti come se facesse parte del personale o della proprietà, e un bambino, probabilmente figlio del suddetto pizzovoro, che giocava a calcio con un pallone da calcio in mezzo alle nostre gambe. Rimani così stranito che non ti arrabbi neanche.

Per riprenderci dallo shock e soprattutto per mangiare qualcosa, ci siamo infine accomodati all'Antico Pozzo, dove ci siamo placati con fugassin, ulteriori birrazze e branziburger. Come dicevamo, è fine maggio, e per tutta Europa è già estate. Finalborgo è invaso da teutonici mountainbikers affamati. Tutto ciò non tange i commercianti liguri, per i quali "non è ancora stagione" e quindi mollano una sola cameriera a gestire più di venti tavoli. Noi ce ne siamo andati alle dieci e mezza e i mountainbikers erano lungi dall'essere sazi. Non lascio mai mance, ma in questo caso ho fatto un'eccezione.

Last and least, il locale al quale va il premio per la maggior perdita economica causata da idiozia del personale. La Ciclosteria di Finale Ligure è un negozio di bici con annessa birreria/ristorante, eccellente idea per attirare clienti verso entrambi i business. Alla ricerca di una ebike, che come sappiamo costano migliaia di euro, entriamo nel negozio di bici e con un po' di fatica riusciamo a farci raccontare qualcosa dalla persona alla cassa, che si rivela comunque abbastanza affabile. Fondamentalmente, le bici disponibili sono queste qua, la marca e' questa, non c'è altro perché sai il covid i problemi alla supply chain globale, eccetera. Se lo dicono questi della "patria dell'outdoor" sarà vero. Si fa ora di cena e decidiamo quindi di provare il ristorante, dove, appena arrivati, cerco di ignorare quella che in realtà è la cosa che odio di più in qualsiasi locale: il cuoco/patron che accoglie con baci e abbracci gli habitué'/vip della situazione e se ne sta lì a fare rumorosa conversazione per venti minuti in mezzo all'angusta sala fottendosene del resto della clientela. Ci viene infine servito un hamburger crudo da 10 euro. Non è mia abitudine lamentarmi del cibo al ristorante - nel senso che credo di non averlo mai fatto in vita mia - ma qui siamo a rischio intossicazione alimentare, quindi faccio notare la cosa al cameriere, che mi risponde con un grugnito e un'alzata di spalle. Il ragazzotto alla cassa sfodera una poker face da manuale, non proferisce parola, intasca i nostri soldi insanguinati e ci guarda andarcene senza salutarci.

Plot twist è che mentre la "patria dell'outdoor" rimane senza bici da vendere ("ho queste due qua" è stata la risposta di altri due negozi che abbiamo visitato - "sto ordinando ora quelle per il 2024" ha detto un altro), appena tornati in Lombardia abbiamo trovato grandi giacenze di magazzino, ampia scelta e consegna immediata.

Per cercare di dimenticare, ci rifugiamo quindi Da Pilade poco distante dove invece il servizio è gentile, la carne è cotta, le focacce sono buone e le birre sono più buone.

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