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domenica 24 dicembre 2023

La Tasteria, Milano

Spendiamo due parole sulla Tasteria "eccellenze siciliane" solo per sottolineare la deprecabile tendenza a stipare gente in locali minuscoli e rifilargli piatti dai prezzi stratosferici che a Milano ormai è la normalità. Il sito del locale, con la sua valanga di inglesismi ("filosofood", "made in Sicily", eccetera), presenta bene lo stile del posto, e non c'è bisogno di aggiungere molto altro. Rimane comunque la domanda di chi possa e voglia permettersi certi pranzi, tolti ovviamente quelli che poi li mettono in nota spese: certo, saranno tutti ingredienti selezionatissimi e DOP e DOC e presidi di questo o quello slowfood, però sarebbe ora di dire che oggi spendere 22 euro per mangiarsi un panino e una bibita abbarbicati in un angolo di un minuscolo localino non è accettabile. Chiariamo: non è accettabile pagare quelle cifre e contemporaneamente essere stipati in un buco di locale largo tre metri. 

Io posso accettare quasi qualunque prezzo per il buon cibo, ma questo deve essere accompagnato da un servizio e un'accoglienza dello stesso livello. I posti come la Tasteria sono spesso gestiti da personale sinceramente caloroso ed entusiasta della propria proposta culinaria, ma ciò non toglie che il cliente che va a mangiare un boccone in pausa pranzo in un localino con quattro tavoli e due sgabelli deve poter trovare prezzi più abbordabili. Se non è possibile proporre certi cibi a prezzi economici, il panino gourmet a 18 euro va servito in un locale degno di questo nome, dove ci si possa muovere tra i tavoli senza urtare i commensali, con tovaglia e tovaglioli, e magari persino una finestra dalla quale far entrare la luce del sole.

Poi, per carità, finché ci saranno aziende americane che accettano certi scontrini in nota spese o certe famiglie che pagano quotidianamente ai propri rampolli i panini da 20 euro, la filosofood del finger food 100% made in Sicily continuerà a prosperare, buon per loro!

Due facce di Milano

Le cene aziendali sono un'occasione per confermare -gratuitamente- certi miei pregiudizi verso locali come Il Solferino, trappole per bauscia dove si sta stretti, si mangia come in mensa, e si paga uno sproposito. Locali che per chissà quale motivo attirano una clientela danarosa ma tutto sommato buzzurra che si adegua senza problemi al sistema di prenotazioni a turni che io trovo demenziale: prenotare cena alle 21:30 e dover poi persino aspettare che si liberi il tavolo. Trovate del genere una volta sarebbero state un marchio d'infamia indelebile sulla reputazione dell'oste che avesse provato a proporle, mentre invece oggi chissà perché sono la normalità nei posti dove paghi 20 euro un piatto di pasta o di nachos. L'unica spiegazione che mi so dare è che la clientela abbia più soldi da buttare e contemporaneamente si sia estremamente rincoglionita.

Al Solferino (via Castelfidardo, vicino a Porta Nuova), una volta attraversata l'angusta doppia porta all'ingresso e gli angusti passaggi tra i tavoli, ci si accomoda al proprio angusto posto dal quale osservare il resto della clientela: la contessina novantenne che mangia col cappello in testa, il tavolo di cosplayer di chiaraferragni tutte uguali col loro cappottino e la loro acconciatura, il burino sessantenne con la trentenne brasiliana ipersiliconata, le compagnie di sciure impellicciate e starnazzanti, eccetera.

Come detto, si mangia come in mensa, con risotti, cotolette, culatelli, tiramisù tutti ugualmente insignificanti, serviti con l'affabilità di un manipolo di galeotti e annaffiati da vini dai prezzi stratosferici. Però sotto Natale è tutto un risplendere di luci e addobbi -luminosissimi e sopra le righe uguali identici ad altre centinaia di locali della città- e l'allegria è obbligatoria.


Al Matarel (corso Garibaldi, Brera), invece, si fanno le cose come si deve. Anche qui il locale non è grande e si sta strettini, ma non si ha l'impressione di essere entrati in una boglia dantesca. Di addobbi natalizi non ce n'è e l'arredamento è quello semplice di un ristorante con tante decadi di lavoro sulle spalle, che hanno lentamente sedimentato le proprie memorie alle pareti, dal poster di Stalin alla foto dell'anonima starlette, alle pagine web con la recensione di chissà cosa stampate e incorniciate. Anche qui il servizio non è ridanciano, ma anche il cameriere più burbero tiene il cliente al centro dell'attenzione e gestisce con professionalità e pazienza le richieste di tutti. L'ambiente è umano e accogliente, e ci si tuffa quindi volentieri nella casöla, servita in questo caso con la polenta. Senza troppe pretese di esotismo, il menù propone tutti i classici della cucina milanese. I prezzi ormai sono lievitati ovunque, ma al Matarel non troviamo niente che faccia gridare allo scandalo come in molti altri posti. Casöla, dolci, e tre bottiglie di vino in sei, e si finisce sui 65 euro a testa. Viva la cucina milanese, viva il Matarel, viva i camerieri burberi.

domenica 10 dicembre 2023

Ai laghi

A Mergozzo, nella piazzetta affacciata sul lago, si trova il ristorante La Fugascina, locale con qualche pretesa di alta cucina e un bel dehors che purtroppo dà sulla strada, aperta al passaggio delle auto a senso unico alternato. Questo purtroppo penalizza un po' la location, che altrimenti sarebbe eccezionale. Gli altri ristoranti più in là sul lungolago ringraziano. Purtroppo si fa anche fatica a parcheggiare, pur lasciando l'auto ben lontano dal centro. Alla Fugascina gli habitué la fanno da padrone (e posteggiano dove gli pare), e quando ne arriva uno il servizio tende a dimenticarsi dei comuni mortali. Si mangia comunque bene, con porzioni non proprio abbondanti ma prezzi tutto sommato decenti. Si finisce sui 60 euro a testa, coperto purtroppo a 4 euro.

Considerazioni non dissimili valgono per la Terrazza Paradiso ai piedi del San Carlone di Arona, dove una location fantastica affacciata sul lago e una buona scelta di pizze non vengono valorizzate opportunamente da un servizio all'altezza. Sarà che le aspettative influiscono molto sull'esperienza finale, ma certi locali dovrebbero decidersi: o fate la pizzeria alla buona, e allora uno sorvola sui camerieri sbadati e distratti, oppure fate il ristorante "pettinato" e allora ci vuole una cura del cliente come si deve, e un menù più attento alla qualità che alle anonime sfilate di tataki-branzino-filetto. Non si paga neanche poco, e si lascia l'auto sotto la statua nel parcheggio a pagamento 24/24, accidenti al Comune di Arona.

Meno pretenzioso ma sicuramente più soddisfacente è la "vineria & bistrot" Al Buscion nel centro di Stresa, dove se avete fortuna potete accomodarvi a farvi una buona birra o un buon vino. Lasciate stare il menù e rivolgetevi alle proposte del giorno: noi abbiamo trovato gnocchi di farina di castagne (10 euro), polenta (12), e cinghiale. Buoni anche i dolci. Il locale purtroppo è piccolino (se il tempo è clemente, ci sono anche tavolini all'esterno), e se si incappa in una famigliola from hell come è capitato a noi, non c'è scampo per nessuno. Non si paga il coperto, urrà!

sabato 9 dicembre 2023

Milan l'è on gran Milan, Milan cont el cör an man, ecc. ecc.

La Trattoria Sole compie l'opera benemerita non solo di nobilitare un piccolo tratto dell'altrimenti deprimente via Vavassori Peroni (siamo dietro al Politecnico), ma anche di accoglierci in quello che sembra un appartamento d'altri tempi, con le sue credenze e il pavimento d'antan, dove la privacy dei tavoli è garantita dalla scelta elegante di usare dei separé, come purtroppo non si vede fare quasi più. Abbiamo mangiato cotolette ma anche tagliolini, tutto ben fatto e servito con cordiale professionalità. I prezzi sono forse un po' altini (cotoletta a 24 euro), ma si sta tanto bene. Promosso, evviva!

Alla Peppa di Piazza Minniti, invece si mangiano bombette pugliesi (cioè, per i profani, uber-polpette "potenziate" con svariati ripieni e accompagnamenti), e lo si può fare in un dehors sulla strada abbellito da qualche pianta e da un ambiente luminoso che fa dimenticare il traffico all'esterno. Trovandoci in una zona cool di Milano, non si va per il sottile per quanto riguarda i prezzi (3 euro di coperto per quello che vorrebbe essere un posto alla buona), nonostante oltretutto un servizio un po' sbadato. Una bombetta di qua, una bombetta di là, fanno 222 euro in sei, che insomma non essendoci nemmeno ingozzati sono un po' tantini.

L'Antica Osteria Cavallini di via Mauro Macchi è invece uno di quei posti dove si va a mangiare le capesante se paga la ditta, e quindi non si fa troppo caso ai prezzi. La sala/dehors è ampia e luminosa e circondata dal verde delle piante del cortile. Il servizio (e l'atmosfera in generale) è un po' all'antica - inteso come un complimento: ogni tanto fa piacere mangiare senza doversi preoccupare della smemoratezza di qualche giovanotto improvvisato cameriere. Menù per tutti i gusti del cuménda di turno.

Passando in periferia, il Ristorante Erba Brusca sul Naviglio Pavese vuole fare cucina con cura e qualità in un ambiente raccolto (forse fin troppo) anche grazie a un ameno giardinetto. Non si sfugge comunque alla calura estiva, e si posteggia un po' alla rinfusa milanese-style nonostante ci si trovi fuori città. Le scelte del menù sono tutte originali e ben fatte, forse in alcuni casi un po' pretenziose. Servizio professionale e discreto. I prezzi, tutto sommato, non sono alti.

La periferia milanese riserva anche sorprese come la Trattoria Casa Mia a Bruzzano, in fondo alla via privata Alberico Da Barbiano, uno di quei posti work in progress che a Milano paiono non estinguersi mai, congelati all'epoca del ragazzo della via Gluck, dove il cemento continua a mangiarsi gli antichi prati. "Casa Mia" tiene fede al suo nome in quanto sembra che tutti gli avventori siano parenti o amici dei proprietari e, nonostante l'accoglienza e il servizio siano stati professionali, si rimane un po' con circospetti come il pistolero straniero che è entrato nel saloon sbagliato. Si mangiano cotolette e altre specialità di generica "cucina fatta in casa" da trattoria, tu con le striminzite verdure grigliate di contorno e il vicino che si ingozza di fritto misto. Il locale cavernoso è congelato nel tempo in qualche anno agli inizi degli '80, con una serie di ammennicoli e quadri degni di Teomondo Scrofalo: a quanto pare la clientela degli habitué è numerosa e affamata, mentre il forestiero se ne esce perplesso e disorientato com'era entrato.

Ovest milanese

A Castano Primo ha riaperto con nuova gestione il Gamba de legn bistrot, dove si cerca di portare ingredienti e preparazioni di qualità in una zona altrimenti un po' depressa. Il locale si trova a un non ameno incrocio stradale, col vantaggio però di avere vari posti per parcheggiare l'auto a pochi metri di distanza. Il bistrot è ben arredato e sembra che stia ingranando bene. Il menù è curato e fortunatamente non chilometrico pur soddisfando tutti i gusti (anche se personalmente non impazzisco per i menù che cercano di conciliare polpo e cinghiale). Si beve bene, anche al bicchiere. I prezzi non sono certo proletari, ma ormai questo è l'andazzo. Promosso, gli manca ancora un piccolo passo per raggiungere l'eccellenza, torneremo!

A Magenta, l'Old band "food & drink" offre principalmente pizze ma anche carne alla griglia e cocktail. Una bella iniziativa di recupero di uno spazio a pochi passi dalla piazza. Buone le pizze col bordo alto, anche se i prezzi astronomici (che ormai si trovano ovunque) iniziano a farsi sentire: margherita a 7 euro, pizze speciali a 14, buone come detto ma un po' piccole. Il locale è arredato con semplicità e calore; i tavoli sono ben distanziati ma ciò non evita purtroppo che l'ambiente si faccia facilmente un po' troppo rumoroso. Lodevole l'iniziativa di trasmettere buona musica rilassante in sottofondo, peccato che questa venga sovrastata dal chiacchiericcio della clientela: a questo punto, tanto vale tenerla spenta: ne guadagnerebbero le orecchie di tutti. Parcheggio complicato nelle vie circostanti.

Tecnicamente, il Doppio malto è a Magenta, in pratica si trova al posto dell'ex Toc, ora chiuso, affacciato sulla rotonda della "Via Novara", in compagnia del McDonald's. Il locale propone una formula stracollaudata da innumerevoli birrerie/pizzerie/bracerie della zona, in modo da accontentare tutti, grandi e piccini. Questo da un lato garantisce che in caso di indecisione nella scelta del locale dove passare la serata si possa venire qui a colpo sicuro, dall'altro la clientenal eterogenea crea un'atmosfera stramba nella quale coesistono biker di passaggio con moleste famigliole di bambini scorrazzanti. Il locale è è accessibile tramite una demenziale minuscola corsia d'ingresso che porta al parcheggio senza un filo d'ombra dal quale si esce attraverso un altro ineffabile varco verso il degrado circostante. Ci si chiude dentro il locale e si beve per dimenticare la wasteland tutt'intorno.

domenica 2 luglio 2023

Villa Pizzini, Mottarone, Stresa

Bisogna farsi un po' di strada per conquistare il silenzio e il panorama sul Lago Maggiore del giardino di Villa Pizzini, ma il viaggio è ricompensato oltre che dalla location soprattutto dalla cucina, "di montagna" ma sorprendente senza voler essere troppo esotica. Alla sera fa freschino ed è utilizzabile solo la piccola sala interna (una ventina di coperti), mentre i tavoli all'aperto promettono dei bellissimi pranzi con vista. La villa ha anche tre camere che invitano a evitare i tornanti di un eventuale ritorno notturno.

I prezzi ovviamente salgono (5€ di coperto, ricarichi pesantucci sui vini) ma si sa che non si paga solo il cibo. Alcune piccole gaffe fanno ancora sorridere: il "Magatello cotto al rosa, salsa alla monferrina" è, fondamentalmente, vitello tonnato, e ci ricorda il pesce veloce del Baltico di Paolo Conte. La pronuncia "topinàmbur" tradisce una preparazione culinaria più a tavolino che sul campo. Il ceviche pronunciato cevìce tradisce invece semplice ignoranza linguistica: essendo una preparazione sudamericana non può che pronunciarsi sevìce. Bicchierino di sambuca offerto dalla casa, ma calice di champagne ("iniziamo con un bicchiere di bollicine?) a 16 euro. La lista dei vini è chilometrica e servita su un iPad, che non ne facilita granché la lettura.

In ogni caso, evviva per Villa Pizzini e per le fresche sere del Mottarone.

Impronta, Albairate

Si mangia e si beve un gran bene all'Impronta, che nobilita una villetta in centro paese e il suo giardino. La cucina è "mediterranea", che significa che abbondano i gamberi, il branzino, le vongole e compagnia cantante, pur mantenendo alcuni secondi di carne. Il locale è elegante e moderno. Ci sono alcuni posti auto all'interno. Ovviamente non si spende poco.

Come molti casi analoghi, l'Impronta è un locale di qualche pretesa, che vuole proporre "alta cucina" e quindi si muove su terreno rischioso: non è facile proporre una cucina ricercata senza perdersi in sterili virtuosismi, e allo stesso tempo non è facile assicurare un'esperienza di qualità a 360 gradi. A questo riguardo, il locale sconta alcuni peccati (di gioventù?) come diciture del tipo "menù a la carta" o un personale di sala francamente non all'altezza. Ci è stata servita una bottiglia d'acqua calda borbottando giustificazioni tipo "eh a temperatura ambiente... eh... con questo caldo... diventa calda...". Se anche malauguratamente qualcuno ha avuto la brillante idea di lasciare l'acqua al sole o dietro il frigorifero, non la si porta in tavola per nessuna ragione. Un'esperienza surreale che per fortuna non ha influito troppo sul resto del pasto.

Per concludere, ma questo non è un appunto solo all'Impronta, andrà posto un freno ai camerieri invadenti che interrompono le chiacchiere dei commensali per descrivere i piatti. Ho l'impressione che molti locali vedano il pasto più come un'esibizione che un servizio, e questo non va per niente bene. 

Due a Milano

In via Cornalia c'è il ristorante libanese Fairouz, dove ci si può sbizzarrire coi piatti del Levant, che si tratti di carne o delle sequenze di meze che prediligo. Il personale è cordiale e celere, il locale è pulito, luminoso e ben arredato. Ideale per un pasto rilassante e quattro chiacchiere. La zona Gioia, Garibaldi, Centrale e Repubblica è in gran fermento, cioè ci sono ancora un sacco di cantieri, e quindi è sconsigliato avventurarcisi in auto. Continuano comunque ad esserci auto posteggiate ovunque che non abbelliscono di certo queste vie e i loro innumerevoli ristoranti.

L'Anlot e Oltre, invece, in via Raffaello Sanzio, si specializza in "tradizione tortonese" offrendo appunto un menù "componibile" di agnolotti, oltre a vari altri piatti (faceva un gran caldo ma abbiamo fatto il tris di polenta!) e una scelta di etichette di Timorasso, il vino dei colli Tortonesi, che sarà simpatico provare e confrontare. Barbera a fiumi per chi vuole il rosso. Il locale è carino ma noi siamo stati nel piccolo dehors sul marciapiede, tipica offerta della ristorazione alla milanese. Un locale che propone qualità senza voler strafare, e che per questo ci piace. Molto bene!

domenica 21 maggio 2023

Hello!, Corbetta

"Store, eventi, coffee house" recita il biglietto da visita di questo locale che è evidentemente impossibile descrivere in italiano - anche se ad esempio "bar, pasticceria, sala da tè" potrebbe andare bene, con l'aggiunta di piccola panetteria e spuntini vari (o "brunch", tanto per capirci). Un bel localino, arredato, oserei dire, "shabby chic" (d'altronde, il motto è "more than you can image", qualunque cosa voglia dire, quindi siamo autorizzati a esagerare con l'inglese), con una piccola ma elegante veranda/cortiletto per la bella stagione.

Sono benvenuti i locali di questo tipo: giovani (relativamente parlando - qua da noi "giovani" vuol dire che il barista non è in età pensionabile), eleganti (sempre relativamente - cioè arredati con cura e puliti) e moderni (dove non ti guardano male se paghi il cappuccino con la carta, hanno un sito web decente e iniziative originali). Bene! continuate così!

sabato 20 maggio 2023

Continuiamo con le stroncature milanesi

Pizza & cucina Eataly

Solo una breve nota per registrare la non buona esperienza al ristorante "per poveri" di Eataly (rispetto a quello "per ricchi" al piano superiore), dove a pranzo si può gustare un piatto di spaghetti con burrata (preparati perfettamente, per carità!) al modico prezzo di 13,90 euro, piu' 2 di coperto/servizio che coprono i costi dei giovani camerieri, volenterosi ma alquanto alle prime armi. L'ambiente è luminoso. Si sta strettini.

Esperienza non buona perché, oltre a essere caro, l'ambiente è troppo rumoroso, a causa della musica di sottofondo spesso troppo alta: al tavolo, alla cassa del ristorante, alle casse del supermercato, ma soprattutto all'ingresso, dove un paio di altoparlanti sparano musica spazzatura a tutto volume verso i tavolini antistanti e i malcapitati pedoni. Inquinamento acustico di cui non si sentiva alcun bisogno.

Non tornerò.

Vasinikò

Dove una volta c'era la pizzeria Smeraldino, sulla stessa piazza XXV aprile dove si affaccia Eataly, c'è quest'altro locale con qualche pretesa di troppo. Pizzeria con cucina, diventa affollatissimo e rumorosissimo in pausa pranzo. Una recente visita serale (con locale semivuoto) è stata totalmente negativa, a causa delle pizze molto care e non particolarmente ben cotte (una arrivata in gran ritardo - a quanto pare il primo tentativo si era bucato), antipasti anch'essi cari e striminziti, ma soprattutto il mancato funzionamento del POS e l'assenza di qualunque altro mezzo di pagamento digitale alternativo. Non ci è rimasto che andare alla ricerca di un bancomat sotto l'acquazzone.

Qualcuno dovrebbe insegnare a chi lavora in questi locali che in una situazione del genere è buona norma offrire un piccolo sconto al cliente. Invece no, fanno 39,70 e trentanove e settanta rimangono.

Adieu.

giovedì 13 aprile 2023

The Stage Dining, Milano

Di posti pretenziosi, a Milano, ce n'è uno dietro ogni angolo, ma non me ne viene in mente nessuno che batta The Stage, già a partire dalla location, Piazza Gae Aulenti, il luogo simbolo di Milano che si crede Dubai, che ha scambiato due grattacieli per la modernità.

Al The Stage ci sono finito a causa di una cena aziendale un mercoledì sera, quando siamo stati relegati in un tavolo buissimo nonostante il locale fosse semivuoto (c'era solo altri tre avventori). Quando abbiamo chiesto di avere un po' di luce ci è stato risposto, semplicemente, "no". Abbiamo usato i cellulari per farci luce. Il tavolo a fianco -vuoto- aveva i faretti accesi, il nostro no. Siamo stati serviti da due persone per le quali non sprecherei il termine "cameriere": hanno interrotto infinite volte le nostre conversazioni -senza nemmeno un cenno di scusa- per sollecitare le ordinazioni o servire l'acqua (a proposito, solitamente si servono prima le signore... ma non al The Stage), non hanno esitato a urtare i commensali per sdraiarsi sul tavolo per servire chi era seduto dall'altra parte, hanno sparecchiato senza chiedere piatti non ancora terminati, eccetera. Insomma, un disastro: un cosplay malfatto del lavoro di cameriere.

Il cibo purtroppo raggiunge vette di surrealismo difficili da trovare -mi ripeto- persino a Milano: 18 euro per sei acciughe (giuro, sei acciughe, un po' di burro e qualche briciola di carasau) sono una di quelle cose su cui farsi una gran risata se paga la ditta o fare una scenata se paghi tu. La tartare a 27 euro consiste di quattro forchettate di carne insapore e alcune fette di tartufo trasparenti (giuro). Insomma, ci si ingozza di pane e si ringrazia il cielo ogni minuto che paga Pantalone.

Poi per carità il locale è bello (a parte il buio) e se la compagnia è simpatica si sta anche bene. Però rimane un'esperienza ai limiti del criminale.

domenica 5 marzo 2023

Osteria Francescana, Modena

Un ristorante di fama mondiale come l'Osteria Francescana risulta, direi per definizione, non classificabile secondo i criteri normalmente riservati ai posti dove si va a mangiare. Lasciano quindi il tempo che trovano sia le recensioni che le stelle Michelin (qui come altrove). Rimane l'esperienza, come viene definita dalle innumerevoli mail di promemoria, richiesta di conferma e conferma della conferma che riceverete dopo la fatidica prenotazione (da effettuarsi, ovviamente, con mesi di anticipo). Il menù è online. La degustazione di dodici portate (che coi vini in abbinamento vale 530 euro a persona) è un percorso artistico, culturale, attraverso la cucina italiana che forse rischia di andare sprecato quando servito a clienti stranieri che mancano dell'intima conoscenza dei piatti tradizionali per poterne apprezzare le interpretazioni, rivisitazioni, stravolgimenti architettati dal deus ex machina Massimo Bottura.

Una prima nota sull'esperienza è che qualcuno potrebbe aspettarsi -e forse anche, legittimamente, pretendere- la presenza dell'autore dietro ai fornelli. Bottura invece non si palesa. É anche vero che andiamo ad ascoltare le sinfonie di Beethoven anche se lui è morto, e c'è persino gente che paga per vedere le tribute band di cantanti che sono ancora vivi. Lasciamo a ognuno le proprie preferenze.

Più modestamente, ma allo stesso tempo con un pizzico di snobberia, noi abbiamo optato per la scelta alla carta. Chiariamo nuovamente che culinariamente parlando ha poco senso addentrarsi in un giudizio di merito - è vero, ci sono milioni di persone che, forti di migliaia di ore davanti alla TV, si ritengono in grado di disquisire dei dettagli della tecnica degli atleti olimpici, quindi perché non fare lo stesso con le Cinque stagionature del Parmigiano Reggiano in diverse consistenze e temperature? - noi ci limiteremo a brevi descrizioni. Il suddetto Parmigiano è puro esibizionismo di maestria tecnica, gioco di prestigio e divertimento da assaporare secondo le istruzioni dell'autore. 

Il Culatello di Zibello Antiche Razze 42 mesi di stagionatura accompagnato da mostarda di mele Campanine è memorabile sorprendentemente grazie alla brioche celestiale che poverina non ha meritato nemmeno una menzione nell'altisonante nome del piatto.

Sacro e profano si incontrano e si scambiano di posto nelle Tagliatelle al ragù e nel Riso grigio e nero: ostriche e caviale dove possiamo gustare la perfezione della preparazione e dell'equilibrio dei sapori.

Notiamo come i nomi apparentemente ridicoli di alcuni piatti siano in realtà nient'altro che una precisa descrizione della preparazione stessa: forse una piccola frecciatina a chi ama darsi delle arie nascondendosi dietro diciture astruse e nomi criptici. Si continua su livelli top quindi coi dolci: Non è una Tatin, non è una Sacher e à ghe anche L'amareina, appunto.

Unica nota meno che perfetta dell'intero pasto è stato il gelato -un po' troppo freddo rispetto al resto del piatto- di Oops! Mi è caduta la crostata al limone. Per dire cosa si va a notare in certe situazioni.

Come non di rado accade, però, e come recita il detto, dulcis in fundo con la piccola pasticceria servita insieme al caffè: macaroon di fegato, cannolo alla carbonara e cioccolato dall'orto di Casa Maria Luigia (la residenza dove le molte mail citate all'inizio cercheranno di convincervi a prenotare la notte post-francescana).


In particolare, applausi a scena aperta, lacrimoni e lancio di fiori sul palco per il minuscolo cioccolatino, capolavoro di microscopica architettura culinaria e sorprendente tavolozza di sapori miniaturizzati. Hurrà!


Dicevamo, quindi, l'esperienza: ribadiamo, a scanso di equivoci, che nell'opinione del sottoscritto, nulla giustifica ottanta euro di prezzo per un qualsivoglia piatto di tagliatelle in quanto tali. A fronte di tali prezzi per qualcosa che non viene mai definito un pasto e più che con la cucina ha in comune con l'arte o lo spettacolo, c'è quindi il diritto (oserei dire) dello spettatore di fare le pulci a ogni particolare.

Pur rimanendo quindi ossequiosamente inchinati di fronte alla maestria culinaria, iniziamo.

Per cominciare, risulta abbastanza antipatica la richiesta di arrivare alle 12:30 -non entro, non circa- ma alle 12:30 spaccate per "garantire il migliore svolgimento dell'esperienza" (o una dicitura del genere, ora non ricordo). Ovviamente accogliere tutti gli ospiti alla stessa ora -peraltro cortesemente "spingendoli" verso un menù fisso - facilita alquanto il lavoro della cucina; stupisce però che in un contesto del genere si ricorra a queste trovate da mensa aziendale. Gradirei avere il lusso di poter arrivare quando mi pare, nei limiti della decenza. La trovata delle 12:30 comporta inoltre la spiacevole attesa in mezzo alla strada di fronte a una porta chiusa per chi (la gran parte dei presenti) ha avuto la sventura di arrivare con qualche minuto di anticipo, oltre alla visione - non particolarmente d'alta classe - del personale della cucina che bighellona nella via adiacente in attesa dell'inizio del turno di lavoro.

All'ingresso si viene accolti da una squadra di giovani inservienti - leggevo recentemente dell'usanza di stage non retribuiti presso i ristoranti stellati - occupati nei compiti più ameni, dal prendere i cappotti al semplice indicarvi a ogni metro la strada per raggiungere il vostro tavolo. Nel caso di questo numerosissimo team il confine tra l'alta classe e il ridicolo è labile.

La location. Via Stella è una via anonima, imbruttita dalle auto posteggiate un po' ovunque come normale qua da noi. L'entrata del locale consiste di una porta anonima, e le sale interne (perlomeno l'ingresso e la nostra) sono quanto di più neutro possiate immaginarvi. Pareti grigio tortora, alcuni quadri, nessuna suppellettile o altro ornamento. È senz'altro vero che un ambiente del genere conduce l'ospite a concentrarsi sull'esperienza culinaria, ma, anche qui, il confine tra una stanza minimal e un bunker antiatomico è labile. Essendo al piano terra su una via anonima, non ha ovviamente alcun senso aspettarsi una vista panoramica dalle finestre, chiuse da tende che a nessuno viene naturalmente in mente di aprire.

Il servizio, ça va sans dire, è impeccabile, anche se, in alcuni casi, un po' freddo e, come dire... robotico. Il copione è fisso e in sala non c'è spazio per l'improvvisazione. Non c'è spazio nemmeno per una carta dei vini, nel senso che non ci è stata offerta ed è presente sul sito. Non so a voi, ma a me inquadrare il QR code non fa molto ristorante di lusso.

Al momento del conto, uno degli innumerevoli inservienti si presenta al tavolo armato di PoS, che però in sala non prende bene e quindi costringe il personale a vari avanti e indietro verso il corridoio. Sono sicuro che la proprietà potrebbe permettersi di investire una piccola somma in un sistema wi-fi decente. All'uscita si viene omaggiati di una piccola bottiglia di aceto balsamico targata Bottura.

Ognuno tiri le somme secondo il tipo di aritmetica che preferisce.






Ristorante Bar Sport, Cisano sul Neva

Nonostante sempre più spesso capiti di ritrovarsi in locali moderni e un po' pretenziosi nascosti dietro nomi come "circolo del popolo" o "trattoria dopolavoro", in Liguria è ancora possibile -soprattutto nell'entroterra- trovare piccole macchine del tempo nascoste in un borgo come quello di Cisano sul Neva col suo Ristorante Bar Sport. Seppure la fama della buona cucina si sia ormai diffusa e la clientela ampliata di conseguenza, per il resto entrando al Bar Sport si torna indietro nel tempo in una vera "trattoria di una volta" dove è la sostanza della cucina a farla da padrona, e non l'arredamento della sala. Il breve menù è garanzia di cucina pensata e curata, ligure d'entroterra (quindi principalmente di terra), con le sue minestre, le sue paste, con poche concessioni al pesce o al massimo alle seppie in umido. Qualità, calore umano senza troppe smancerie, gran soddisfazione e prezzi sorprendentemente economici (ma come!? solo 62 euro in tre?) soprattutto grazie all'aver mantenuto su livelli onesti le voci su cui il 90% dei ristoranti ricarica pesantemente e ingiustificatamente (coperto a 1,5€, antipasti a 6, mezzo litro di vino della casa a 3,5, cima alla genovese a 6).

Parcheggio non troppo agevole ma tutto sommato non difficile se fuori stagione. Che gli dei della ristorazione mantengano in buona salute i proprietari del Ristorante Bar Sport di Cisano sul Neva.

Panta rei duepuntozero, Corbetta

Il Panta rei di Corbetta ha trovato una formula astuta che abbina pizze "gourmet" con cucina tradizionale, interpretata con cura, il tutto in un bel locale rustico ma elegante, con un'intera piazza di fronte per parcheggiare. Così facendo, si attira la clientela che normalmente sarebbe intimorita di fronte a certi piatti "ricercati" e allo stesso tempo (ma questa è una mia supposizione) si tiene alla larga la massa di aspiranti food critic cresciuti a pane e show culinari in TV, che non potrebbero sopportare la coesistenza di mondeghili e pizza tonno e cipolle nello stesso menù.

La nostra consueta visita infrasettimanale con scontrino chiuso alle 21:02 ci ha assicurato una cena tranquilla e un servizio gentile (ma non attentissimo). Anche in caso di affollamento il locale credo che risulterebbe vivibile, grazie alla saletta riservata ai tavoli per due parzialmente separata dalla sala principale.

Come detto, si coniugano pizze ben fatte, buone birre, una buona scelta di vini e cucina di qualità con alcune trovate originali senza strafare, come piace a noi, come gli gnocchi con una pennellata di cioccolato amaro, o il "pantasnack".

Consigliato. Coperto a 3€, prezzi per il resto nella norma.

sabato 11 febbraio 2023

Osteria del gallo, Arluno

Evviva evviva per l'Osteria del gallo in Piazza Del Popolo ad Arluno, dove si mangia e beve bene, si spende il giusto (non poco, ma il giusto) e il servizio è professionale e cordiale in egual misura. Non c'è molto da dire più di quanto abbia detto la recensione che mi ha fatto scoprire questo ristorante: "le salette con le volte con i mattoni a vista restituite all’originaria bellezza grazie a una ristrutturazione realizzata in modo magistrale, i tavoli ben distanziati e apparecchiati in modo curato".

Noi abbiamo mangiato un ossobuco che si scioglieva in bocca e, tra l'altro, dei panciotti (ravioli) con totani e polpo, e un filetto al fieno molto invitante. Per una volta, un locale che passa dal mare alla terra senza combinare pasticci. Hurrà anche per i dolci.

C'è qualche posto auto nelle immediate vicinanze.

Fabbrica di Pedavena, Busto Arsizio

Grande birreria e steak house (con pizza) dove si fa anche musica dal vivo, uno di quei posti pronti ad accogliere folle affamate negli orari di punta e sperduti visitatori come noi in strani orari di serate infrasettimanali. A dire il vero, questi hamburgerifici iniziano a sembrare un po' tutti uguali, accomunati dall'organizzazione militaresca della sala, dai menù infarciti di birre artigianali, dall'arredamento industrial, dagli slogan sbarazzini.

Noi come al solito arriviamo presto trovando il locale completamente vuoto (a parte il gruppo che stava finendo il soundcheck) e non abbiamo potuto non patire il consueto "aspettate un attimo" della cameriera che deve consultare il padrone per trovarci un tavolo invece del "sedetevi dove volete" che -beata illusione- mi aspetto ogni volta. Ovviamente, dopo aver finito i nostri hamburger e birrazze il locale era ancora semivuoto.

A parte questo, il servizio è stato gentile e sollecito, il menù ne ha per tutti i gusti e il locale è carino. I prezzi non sono economici (coperto a 2 euro). C'è un buon parcheggio proprio davanti. C'è una terrazza al primo piano.

Flower burger, Milano

Ormai io mi aggiro per Milano come il signor Ingalls quando prende il carretto e va a Mankato, quindi un posto come Flower Burger mi risulta esotico come Disneyland. Su Corso Garibaldi, popolato da giovani che possono permettersi di spendere 15 euro per un panino, da qualche malcapitato colletto bianco e dall'obbligatorio finto-fricchettone di turno (una mamma allattante finto-hippy nell'ultimo caso), il minuscolo locale colorato e sbarazzino vende hamburger vegetariani a base di ceci e cose simili, serviti in pane multicolore e cassettine di legno contenenti anche i contorni (spiccano gli edamame - tipico legume milanese, più appropriato al locale dei volgari fagiolini). Tutta roba buona, per carità, però il posto è oggettivamente angusto fino all'eccesso (bagno, cucina, cassa e banco delle salse condividono uno spazio ristrettissimo).

Il tutto non sarebbe un gran problema se non fosse per il fatto che la pandemia mi ha reso ancor più sensibile al sovraffollamento.

Insomma, un posto da frequentare fuori ore pasti.

sabato 28 gennaio 2023

Il Risutìn, Casterno di Robecco sul Naviglio

Il Risutìn, ex circolo famigliare a Casterno, propone cucina lombarda con ovviamente i risotti come piatto forte in un ambiente "informale ma stiloso", come recita il sito web cercando di descrivere la sala rimessa a nuovo in stile "country" in maniera molto efficace ma forse un po' artificiosa. "Stiloso" è anche il personale in sala: non è facile conservare il sapore del bar-trattoria di una volta (evocato dalla porta direttamente sulla strada impolverata del paese, dal bancone del bar all'ingresso, dal minuscolo bagno in cortile) senza cadere nello sciatto o viceversa nell'hipster senza anima.

Si beve e si mangia bene, con ossobuchi, tartufi, salsicce, taglieri e compagnia cantante. Peccato per uno scivolone "stiloso" del cameriere che prendendoci per turisti ci ha raccontato un sacco di balle circa la provenienza del panettone (artigianale, campione del mondo, eccetera) che cercava disperatamente di rifilarci. Quando ci sarà passato l'amaro in bocca lasciato da questa ridicola mancanza di professionalità, probabilmente torneremo. Auguri Risutìn, uno sforzo ancora!

Risotti sui 20€, taglieri sui 15. Parcheggio selvaggio nelle vicinanze.

La botte, Masone

Oggetto di numerosi meme a causa del meteo inclemente, il centro di Masone necessiterebbe di una generale riqualificazione per sfruttare la sua posizione alle porte della wilderness del parco del Beigua, ma anche solo per non deprimere ulteriormente il visitatore di passaggio, tipicamente reduce da transiti autostradali emotivamente impegnativi.
Alla Botte si mangia ligure-piemontese senza troppe pretese ma con tanta qualità in un'ampia sala elegante anche se ancora un po' indecisa tra la modernità e il demodé, tutto sommato adatta al pranzo in coppia come al compleanno della nonna o al pranzo tra amici. Menù online, piatti sui 13-15€. Purtroppo non abbiamo più trovato il buffet degli antipasti che ci aveva accolto la prima volta. Servizio senza infamia né lode.

Due pizzerie - Milano, Novara

Gianni NoLo.So Pizza è un'enclave romana nella zona trend di "NoLo" (North of Loreto, che gli venga un accidente ai milanesi e al loro complesso d'inferiorità) dove si serve (buona) pizza in un locale piccolino, arredato industrial, gomito a gomito con gli altri avventori. Oltre all'ormai consueta scelta tra i vari impasti (la pizza "gourmet" is the new "birra artigianale", e tra un po' andremo col lanternino a cercare locali dove poter ordinare una pizzaebasta senza doversi districare tra ingredienti esotici), anche le guarnizioni sono tra le più originali, incluse le iniziative estemporanee dello chef che vi verranno illustrate dai solleciti camerieri. Proprio sul tema camerieri c'è un piccolo mistero, in quanto si fa fatica a coniugare i pressoché unanimi lamenti dei ristoratori sulla mancanza di personale e del personale sull'ineguatezza dei salari col fatto che da Gianni ci fossero cinque persone a seguire la (minuscola) sala, più ovviamente il personale in cucina e un fattorino per le consegne a domicilio. Evviva, eh. Speriamo che siano ben pagati (coperto a 2,50€) e che il locale continui così a lungo. Buoni anche i dolci fatti in casa. Pizze normali sui 10€, speciali sui 15 e oltre. L'ho detto, sì, che il locale è piccolo? Prenotate. Parcheggio impossibile.

Fra Diavolo in centro a Novara non si discosta molto dall'approccio moderno di Gianni (e inoltre è una catena, quindi ci si aspetta standardizzazione ed efficienza), con la differenza di offrire un locale molto grande e prezzi un po' meno esosi. Pizze buone col cornicione e una scelta di birre, insomma, il solito. Ci ha fatto sorridere il siparietto in cui una cameriera ventenne non riusciva a spiegare a due clienti straniere che le posate si trovano in una scatoletta sul tavolo. Porco cane, sei sei giovane e fai il cameriere, almeno "de forc is in de box" devi saperlo dire! Margherita a 7,50€, coperto 2€. Parcheggiate fuori dal centro e fate due passi.