Bisogna farsi un po' di strada per conquistare il silenzio e il panorama sul Lago Maggiore del giardino di Villa Pizzini, ma il viaggio è ricompensato oltre che dalla location soprattutto dalla cucina, "di montagna" ma sorprendente senza voler essere troppo esotica. Alla sera fa freschino ed è utilizzabile solo la piccola sala interna (una ventina di coperti), mentre i tavoli all'aperto promettono dei bellissimi pranzi con vista. La villa ha anche tre camere che invitano a evitare i tornanti di un eventuale ritorno notturno.
I prezzi ovviamente salgono (5€ di coperto, ricarichi pesantucci sui vini) ma si sa che non si paga solo il cibo. Alcune piccole gaffe fanno ancora sorridere: il "Magatello cotto al rosa, salsa alla monferrina" è, fondamentalmente, vitello tonnato, e ci ricorda il pesce veloce del Baltico di Paolo Conte. La pronuncia "topinàmbur" tradisce una preparazione culinaria più a tavolino che sul campo. Il ceviche pronunciato cevìce tradisce invece semplice ignoranza linguistica: essendo una preparazione sudamericana non può che pronunciarsi sevìce. Bicchierino di sambuca offerto dalla casa, ma calice di champagne ("iniziamo con un bicchiere di bollicine?) a 16 euro. La lista dei vini è chilometrica e servita su un iPad, che non ne facilita granché la lettura.
In ogni caso, evviva per Villa Pizzini e per le fresche sere del Mottarone.
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